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Riforma medici famiglia, fumata grigia Regioni-Governo

(Adnkronos) – L'attesa svolta sulla possibile rivoluzione del ruolo dei medici di famiglia dovrà aspettare. Oggi dal tavolo del vertice di maggioranza la premier Meloni, i vicepremier Tajani e Salvini, il ministro della Salute Schillaci e dell'Economia Giorgetti, presente anche il presidente del Fvg Fedriga come presidente della Conferenza delle Regioni, è uscita una fumata grigia. Nessuna decisione, ascolto e nuove riunioni in futuro. La sanità è però al centro dell'agenda del Governo, con la lotta alle liste d'attesa tra le priorità, più volte rimarcata dalla premier.  
In Italia i medici di base sono poco meno di 40mila, in calo per i pensionamenti e la mancanza di ricambio generazionale. Negli ultimi mesi il loro ruolo nella medicina del territorio è al centro di un dibattito perché il loro filtro, rispetto all'assistenza dei pazienti cronici ad esempio, è fondamentale per limitare gli accessi al pronto soccorso e di conseguenza anche le liste d'attesa. Ma soprattutto dovranno lavorare nelle famose Case di comunità previste dal Pnrr, il baluardo della nuova medicina del territorio dopo il 2026. "Non si è arrivati a nessuna conclusione, abbiamo fatto solo l'inquadramento generale della situazione", ha detto Fedriga uscendo dal vertice.  
Ma in Italia i medici di famiglia sono convenzionati, ovvero il loro rapporto di lavoro è regolato da un accordo collettivo nazionale (Acn), un accordo regionale (Acr) e poi da accordi integrativi locali per singola Asl. La convenzione nazionale viene rinnovata con sempre maggior ritardo e quando viene rinnovata è di fatto già vecchia. Nelle ultime settimane si è parlato insistentemente di un possibile passaggio all'interno del Servizio sanitario nazionale come dipendenti, cambio funzionale al loro inserimento nelle Case di comunità. Ipotesi che non è mai piaciuta al sindacato di categoria, la Fimmg, mentre è ben vista, ad esempio, dalla Fp Cgil. Su questo nodo la maggioranza è divisa, Forza Italia ha recentemente presentato una articolata proposta di legge sulla medicina di base che però non mette in discussione la convenzione.  
Il ministro della Salute Schillaci ha evocato a più riprese la necessità che i medici di famiglia garantissero un monte ore nelle Case di comunità, altrimenti sarà difficile farle lavorare a pieno regime. Ospite di '24Ore Salute', ha risposto a una domanda sul tema: "Ne stiamo discutendo con le Regioni e ovviamente teniamo anche in considerazione quelle che sono le opinioni dei medici di medicina generale. Io credo però che sulle Case di comunità e sulla medicina territoriale non possiamo assolutamente arretrare: abbiamo bisogno della leale collaborazione dei medici di medicina generale e sono certo che ci sarà per far funzionare meglio la medicina territoriale, visto che da questa dipendono tanti problemi come il sovraffollamento del pronto soccorso e poi bisogna anche stare a sentire quelle che sono le esigenze dei nuovi medici”. 
Ma i medici cosa ne pensano della possibilità di diventare dipendenti del Ssn? "Questa idea mi pare assurda. Se l'obiettivo è garantire la loro presenza nelle Case di comunità, il contratto attuale già prevede che ciascun medico impieghi 6 ore settimanali per le Asl, per un totale di 20 milioni di ore, dunque la copertura è già assicurata. Sarebbe insensato privare i cittadini del proprio medico in ambulatorio", ha osservato il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini medici, Filippo Anelli.  L'Anaao, il sindacato dei medici dipendenti del Ssn che insieme alla Cimo-Fesmed aveva promosso lo sciopero dei medici (con gli infermieri Nursing Up) il 20 novembre scorso, sull'eventuale riforma della medicina del territorio e gli investimenti del Pnrr si era espressa con il suo segretario nazionale Pierino Di Silverio: "Si rischia di aprire un nuovo fronte di scontro con il Governo. Il ministro Schillaci, d'accordo con le Regioni, sta lavorando a una attesa riforma dei medici di famiglia con l'obiettivo di fondo di spostarne almeno una parte, in particolare i nuovi assunti, nelle Case di comunità che al momento stanno aprendo i battenti spesso sprovviste o carenti di camici bianchi. La misura – ha precisato – non è affatto popolare tra i medici di base che frenano già dai tempi del governo Draghi su questa ipotesi, solo che ora il tempo stringe visto che manca meno di 1 anno e mezzo alla definitiva apertura delle nuove strutture sul territorio finanziate dal Pnrr". —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

© Riproduzione riservata

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