Domenico Caruso, nato il 25 marzo 1933 a San Martino di Taurianova, è una figura poliedrica e instancabile del panorama culturale italiano. Poeta, scrittore e profondo conoscitore del dialetto calabrese, ha reso questa lingua protagonista della sua vasta produzione letteraria, dando voce alla storia e alle tradizioni della Calabria.
Una vita dedicata alla cultura e al territorio
Dopo aver intrapreso studi magistrali e universitari in lingue, Caruso fu costretto a interrompere il percorso accademico per ragioni economiche e si dedicò all’insegnamento elementare. Questa esperienza gli permise di entrare in contatto diretto con la realtà sociale e culturale del territorio, rafforzando il suo interesse per la storia e il folklore calabrese. Parallelamente, svolse attività giornalistica come corrispondente per la Rai e per il quotidiano Il Tempo, contribuendo così a raccontare la Calabria a un pubblico più ampio. In aggiunta, già dal 1996, dimostrando una visione innovativa, iniziò a utilizzare il web per diffondere conoscenze sulle tradizioni locali. Di conseguenza, riuscì ad ampliare ulteriormente la portata del suo lavoro, raggiungendo un pubblico sempre più vasto.
Un’opera immensa e un riconoscimento costante
La produzione letteraria di Caruso spazia dalla poesia alla saggistica, con un focus sul recupero del patrimonio culturale calabrese:
Poesia: Da Primi abbozzi (1961) e Liriche e satire (1963) fino a componimenti dialettali come ‘U barveri e Calabrisi jeu sugnu e mi ‘ndi vantu, la sua poesia cattura l’essenza della Calabria.
Saggistica e Folklore: Opere come Calabria mia – Alla scoperta dell’antica saggezza (1988) e Storia e Folklore Calabrese (1988) testimoniano il suo impegno nella valorizzazione delle tradizioni locali.
Riflessioni e Spiritualità: Il dolore, la morte & la speranza (2012) e La Vita è preghiera (2014) rivelano una dimensione più intima e riflessiva.
Il suo lavoro è stato citato da illustri studiosi, tra cui Gerhard Rohlfs, nel Nuovo Dizionario Dialettale della Calabria. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui Mondo domani (1963), Alla ricerca del folk italiano (1972) ed Era Lacinia (1973).
Il ponte tra Calabria e Toscana: l’ammirazione per Dante Alighieri
Pur radicato profondamente nella sua terra, Domenico Caruso nutre una grande ammirazione per la Toscana e per Dante Alighieri, considerato un maestro universale di poesia e pensiero. Caruso vede in Dante il modello di un intellettuale capace di unire competenza e sensibilità, un riferimento che si riflette nelle sue opere.
La Toscana, con la sua ricchezza storica e culturale, rappresenta per Caruso una fonte inesauribile di ispirazione. Il legame con questa regione si rafforza attraverso il confronto tra i detti pisani e calabresi, una ricerca che evidenzia le profonde radici culturali condivise tra le due terre. L’idea di un gemellaggio culturale tra Toscana e Calabria, come sviluppato nel testo Storia della Calabria: Toscana chiama Calabria, segna l’inizio di un percorso di esplorazione che abbraccia anche le figure emblematiche della città di Pisa.
Tra i simboli più suggestivi di Pisa spicca San Ranieri, patrono della città, celebrato ogni anno con la tradizionale Luminaria del 16 giugno. La sua trasformazione spirituale e la sua vita dedicata alla fede, alla penitenza e ai miracoli lo rendono un esempio di dedizione e santità. Il Duomo di Pisa, che conserva le sue spoglie, si affianca al Battistero e alla celebre Torre Pendente, formando così il Prato dei Miracoli. Questo luogo straordinario non solo unisce bellezza artistica e sacralità, ma, allo stesso tempo, incarna anche l’essenza della spiritualità e della storia. Inoltre, come sottolineava Bargellini: ‘Miracoli d’arte, certo, ma sbocciati sui miracoli della santità’.
Pisa non è solo San Ranieri: anche Giacomo Leopardi trovò in questa città un rifugio e un’ispirazione. Arrivato nel novembre del 1827, il poeta fu affascinato dalla quiete dei Lungarni, tanto da scrivere alla sorella Paolina che il clima della città gli sembrava una beatitudine. In quel periodo compose alcuni dei suoi capolavori, tra cui A Silvia e Il Risorgimento, trovando nuova forza creativa in un ambiente raccolto e vicino alla sua sensibilità. Il poeta Domenico Caruso, nel suo sonetto dedicato a Leopardi, ne coglie l’essenza e la sua lotta interiore, esprimendo l’eternità della sua arte e il tormento che ha caratterizzato la sua esistenza.
Pur appartenendo a contesti diversi, Leopardi e San Ranieri, Dante e la cultura calabrese sono accomunati da un filo invisibile che li lega attraverso il tempo. Il loro lascito, infatti, ha garantito loro un posto eterno nella letteratura e nella spiritualità. Il confronto tra i detti pisani e calabresi sottolinea come la cultura popolare e il linguaggio abbiano costruito un ponte tra queste due terre. Danno voce a una tradizione che continua a vivere nelle espressioni quotidiane del popolo.
A Giacomo Leopardi
Vorrei lenire la tua iniqua pena,
fratello nel dolor, vate sincero:
il borgo ignora il tuo pensiero
e tracotante esistenza mena.
Potevi rimaner nell’infinito
per una pace che non ha confini,
invece di seguire noi meschini
dal vento spinti sempre in ogni sito.
Cessato ha Silvia il melodioso canto
che ascoltavi fra le sudate carte:
la vera amica è solo l’arte
che accompagna il ferace pianto.
Nasce l’uomo a fatica e ben lo sai,
non è solo per te la vita dura:
ingrata si rivela la natura
sorda per tutti i nostri forti lai.
L’anima tua non sarà mai vinta
dalla malnata disperata sorte,
dopo l’arrivo di sorella morte
virtù viva sprezziam lodiamo estinta.
DAVIDE CARUSO