|
Getting your Trinity Audio player ready...
|
PISTOIA – L’Arte di farsi Pace: codici estetici della crisi e della ricomposizione, è il titolo della nuova mostra personale di Simone Del Sere, che verrà inaugurata alla presenza dell’artista sabato (6 dicembre) alle 17.30, negli spazi della Biblioteca San Giorgio di Pistoia.
L’esposizione, curata dalla storica dell’arte Patrizia Gelli, resterà visitabile fino a mercoledì 7 gennaio, proponendo un percorso immersivo che attraversa le fratture della contemporaneità e ne indaga le possibilità di ricomposizione. L’ingresso è gratuito con apertura al pubblico il lunedì (14 – 19) e dal martedì al sabato (9 – 19).
Allestita tra le vetrine e gli spazi interni della biblioteca, la mostra si presenta come un itinerario dialettico che affronta la transizione dal trauma identitario – la crisi – alla ricerca di nuove strutture di senso e di relazione – la pace. La scelta della Biblioteca San Giorgio come sede espositiva è profondamente simbolica: in un luogo dedicato alla conoscenza, alla memoria e alla costruzione collettiva del sapere, l’arte di Del Sere diventa uno strumento di interrogazione etica e di ricostruzione interiore, invitando il pubblico a leggere la propria epoca attraverso uno sguardo più ampio.
A dare ulteriore spessore al progetto è il testo critico del direttore del Museo dell’Opera del Duomo, monsignor Timothy Verdon, che ha accompagnato negli anni alcune delle principali opere di Del Sere dedicate al tema dei migranti e delle guerre contemporanee.
L’Arte di farsi Pace è una mostra che afferma che la pace non è un evento improvviso né una sospensione temporanea della crisi ma una pratica attiva che richiede tempo, impegno e ascolto. La crisi, nella sua brutalità, contiene in sé il seme della ricomposizione: ciò che è frammentato può trovare nuove forme di ordine e ciò che è in transito può generare nuovi codici della convivenza. L’arte diventa così strumento epistemologico per comprendere e superare le fratture del presente, offrendo al visitatore un possibile orizzonte di speranza.
Il percorso espositivo si apre con la sezione dedicata alla crisi, collocata nelle vetrine che segnano l’interfaccia tra la città e l’istituzione. Qui si incontrano opere come #Justanumber e Pesci neri, che affrontano il tema dei fenomeni migratori del Mediterraneo. La stratificazione del colore, la rottura della bidimensionalità e l’uso di un linguaggio materico forte evocano la perdita, la disumanizzazione e la riduzione dell’identità a variabile numerica. Le maschere, ricorrenti nel lavoro dell’artista, emergono come dispositivi di rivelazione restituendo dignità alle storie che rischiano di rimanere mute.
Nella stessa sezione fanno tuttavia apparizione due figure di intensa sospensione lirica: la Mater Migrantes, archetipo di resilienza e cura, una madre che protegge, resiste e supera la violenza del contesto e La sognatrice sulle acque, opera che introduce una dimensione di attesa, quasi metafisica, in cui il dramma non è negato ma contemplato, come se una promessa di altro fosse ancora possibile.
Superato l’ingresso, la mostra entra nella sezione dedicata alla ricomposizione, allestita nelle sale della biblioteca. Qui il codice linguistico si trasforma radicalmente e la scomposizione emotiva lascia spazio alla ricerca di ordine. Nelle serie Metaponti e Concordanze, la tela estroflessa diventa un vero e proprio ‘spartito tridimensionale’ attraverso il quale l’artista indaga il concetto di connessione. La ricomposizione descrive la ricerca di una coerenza nuova, più consapevole. Il percorso si conclude con l’opera Pace, intesa non come assenza di conflitto, ma come disciplina strutturale ed etica: un equilibrio da riconquistare attraverso il lavoro interiore e collettivo.
A dare profondità al progetto è il contributo critico di Timothy Verdon, canonico del Duomo di Firenze e direttore del Museo dell’Opera del Duomo, che inserisce il lavoro di Simone Del Sere in una riflessione più ampia sul presente. Verdon ricorda come, nell’anno del Giubileo della speranza indetto da Papa Francesco purtroppo segnato da conflitti dolorosi, l’artista riporti al centro della sua opera gli esclusi: i migranti che attraversano il Mediterraneo in cerca di futuro, spesso incontrando solo morte e silenzio. Del Sere sceglie di rappresentarli non nella minaccia percepita, bensì nella loro vulnerabilità, concentrandosi sulle figure femminili e sulle loro maschere tribali, cariche di nobiltà, storia e misteriosa dignità.
Il critico evidenzia poi il passaggio dall’esperienza tragica della separazione a quella della connessione: i ‘meta-ponti’ di Del Sere diventano architetture di possibilità, attraversamenti gioiosi, aperture a nuove relazioni. Nella serie Concordanze, infine, la geometria si fa lingua poetica e la tecnologia diventa strumento espressivo, suggerendo un ordine nascosto che può ricomporre ciò che appare fratturato. Per Verdon, il titolo L’Arte di farsi Pace chiarisce l’impianto etico della mostra: imparare a riconciliarsi con sé stessi per poter poi essere pace nel mondo, contribuendo all’abbattimento delle barriere tra individui e comunità. Una forma di disciplina interiore che, come ogni arte, richiede impegno, ascolto e un gesto profondamente umano di responsabilità.
La mostra sarà visitabile dall’1 dicembre al 7 gennaio, con apertura al pubblico il lunedì dalle 14 alle 19 e da martedì a sabato dalle 9 alle 19.
Simone Del Sere (1971) incarna la figura dell’artista che giunge alla pittura non per scelta iniziale piuttosto per necessità espressiva. La sua formazione si svolge presso l’Istituto Statale d’Arte di Firenze, ma è nel poliedrico e pragmatico mondo dell’editoria, della televisione e della grafica che matura la sua carriera professionale. Per oltre due decenni ha lavorato nell’ambito dell’illustrazione, della post-produzione cinematografica e della comunicazione pubblicitaria, affinando una straordinaria sensibilità per i codici visivi e le strutture del messaggio. Questa esperienza, centrata sulla sintesi e sull’impatto visivo, è fondamentale per comprendere il suo approccio maturo all’arte. Quando Del Sere abbandona il digitale per abbracciare la materia, spinto da un “irresistibile desiderio di ricerca”, che l’artista stesso definisce una “follia necessaria”, porta con sé la disciplina del designer: una meticolosa attenzione alla geometria, all’ortogonalità e alla potenza del simbolo.


