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I territori costieri e le periferie delle città sono le aree del Paese più esposte al pericolo Dengue e Chikungunya. A mappare il rischio di focolai autoctoni in Italia – una minaccia in crescita – è uno studio pubblicato su 'Nature Communications', coordinato dalla Fondazione Bruno Kessler e dall'Istituto superiore di sanità, in collaborazione con il ministero della Salute e le Regioni/Province autonome. "Anche se negli ultimi anni in Italia episodi localizzati di trasmissione autoctona di Dengue e Chikungunya si sono verificati soprattutto nelle regioni del Nord e del Centro, il rischio che si verifichino altri focolai riguarda diverse altre zone del Paese caratterizzate dalla presenza significativa del vettore di questi virus, la cosiddetta zanzara tigre (Aedes Albopictus il nome scientifico), insieme a condizioni climatiche favorevoli", è il monito degli autori. "Sono soprattutto le aree costiere e le periferie urbane lungo tutta la Penisola ad avere le condizioni più adatte allo sviluppo dei focolai", spiegano. Quindi "il rischio è diffuso ed è auspicabile aumentare la conoscenza clinica di queste infezioni, mantenere alta l'attenzione alla sorveglianza e rafforzare la consapevolezza di chi rientra da luoghi in cui queste infezioni sono presenti o endemiche", esortano i ricercatori. L'Iss sintetizza i risultati dello studio. "I casi autoctoni di Dengue e Chikungunya, malattie che prima erano solo importate, sono in aumento negli ultimi anni in tutta l'Europa meridionale per effetto della ripresa dei viaggi internazionali, della diffusione degli insetti vettori e per l'aumento delle epidemie in Paesi a clima tropicale e sub-tropicale", è la premessa. Gli scienziati hanno esaminato gli episodi di trasmissione locale tra il 2006 e il 2023, applicando dei modelli matematici per analizzare i focolai italiani e per stimare il rischio di trasmissione, tenendo conto sia della densità di popolazione umana sia dei dati entomologici e climatici. Complessivamente, nel periodo considerato, sono stati confermati 1.435 casi importati di Dengue e 142 di Chikungunya. Le infezioni sono state contratte prevalentemente in Thailandia, Cuba, India e Maldive per quanto riguarda la Dengue, e India, Repubblica Dominicana, Brasile e Thailandia per la Chikungunya. Nello stesso arco di tempo sono stati diagnosticati 388 casi autoctoni di Dengue e 93 di Chikungunya. Il periodo più favorevole alla trasmissione locale a seguito dell'importazione di un caso è risultato da luglio a fine settembre, anche se nelle aree del Sud le condizioni favorevoli possono durare anche fino a novembre. "Tutte le aree in cui si è verificata una trasmissione locale e focale dei due virus in Italia erano fra quelle identificate ad alto rischio nella nostra analisi – scrivono gli autori – Tuttavia sono state trovate anche molte altre aree con condizioni ecologiche simili, e potrebbero quindi essere ugualmente a rischio in caso di importazione di casi dall'estero. Questo implica che le misure di prevenzione e di sorveglianza devono essere orientate verso le aree con condizioni ambientali favorevoli, sia che abbiano già avuto focolai sia che non abbiano ancora identificato casi contratti sul territorio". Secondo la ricerca, una volta identificati i focolai autoctoni, l'indice di trasmissibilità è stato portato sotto la soglia epidemica in poco tempo, circa 2 settimane, a supporto della qualità degli interventi reattivi di controllo. Rimane però un certo ritardo nell'identificazione dei casi: "Nelle regioni non endemiche, come l'Italia, è importante aumentare la consapevolezza delle patologie emergenti trasmesse da vettori – rimarcano gli esperti – perché una diagnosi ritardata o mancata rallenta il rilevamento dei focolai e quindi la possibilità di controllarli". —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Sos Dengue e Chikungunya, aumentano i casi autoctoni: la mappa del rischio in Italia
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