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Gatti: “Il crack distrugge le persone. Non esiste una ricetta magica ma non si può restare a guardare”

(Adnkronos) – "La diffusione di crack è un gravissimo problema. Forse l'abbiamo sottovalutato finora. L'abbiamo considerato come un capitolo, una sottoparte del problema più generale della diffusione della cocaina, ma in realtà è come se il crack fosse a suo modo una sostanza diversa. Una sostanza che distrugge rapidamente le persone, e che dà rapidamente una forte dipendenza. Ti fermi solo quando sei distrutto nel fisico o quando non ce la fai più con la mente". A dare la misura del problema della dipendenza da crack, del suo impatto "devastante", è Riccardo Gatti, medico specialista in psichiatria e psicoterapeuta, da anni al lavoro sul tema delle sostanze psicoattive, delle dipendenze e delle dinamiche che portano al consumo. Per l'esperto, che attualmente coordina il tavolo tecnico sulle dipendenze della Regione Lombardia, una cosa è certa: "Dobbiamo fare molta attenzione alla diffusione" di questa droga, evidenzia all'Adnkronos Salute, "non si può restare a guardare".  Il tema è sotto i riflettori per il dibattito che è scaturito dall'iniziativa che si sperimenterà a Bologna, cioè la distribuzione di pipe gratuite in un'ottica di riduzione del danno, secondo una strategia volta anche a intercettare chi fa uso della sostanza. "Non esiste una ricetta magica per risolvere il problema – interviene Gatti – Ed è chiaro che si sviluppano polemiche su iniziative che non propongono la cura e la guarigione qui e ora, l'andare in comunità o comunque smettere. Ma bisogna tenere presente che le persone che iniziano ad essere coinvolte nell'uso di crack difficilmente nei primi tempi sono 'convincibili' a fare dei percorsi per smettere. Loro cercano la sostanza, vogliono la sostanza", racconta il medico. Si finisce in una spirale pericolosa e autodistruttiva: la persona che cade nella rete del crack "comincia a compiere azioni che non hanno significato logico, a volte anche vissute in modo paranoico, con uno sguardo sbagliato, con interpretazioni distorte degli eventi. E in quei momenti si possono anche scatenare reazioni che possono creare danno a se stessi e agli altri. Quindi – approfondisce Gatti – dal punto di vista di chi cerca di ridurre il danno che questa sostanza provoca e di portare le persone a un atteggiamento diverso nei confronti della sostanza e di se stesse, qualsiasi cosa che può creare un'interazione su cui costruire poi qualcosa di più è un'iniziativa positiva. Per chi vede le cose dall'esterno, sembra invece quasi un voler favorire chi è dedito al consumo e quindi in qualche modo incentivare il consumo". Proprio su questa contrapposizione di visioni si gioca il botta e risposta sull'iniziativa varata dal Comune di Bologna. Nel giudicare una misura, però, suggerisce l'esperto, "bisogna tenere presente la dimensione e il target". Perché "ogni iniziativa può produrre buoni o cattivi risultati a seconda di come la si usa, con chi la si usa e perché". Spesso sulle questioni di droga "ci si ferma prima. Ci si ferma alle contrapposizioni, alla battaglia più dal punto di vista politico. Credo che col crack si debba invece stare molto attenti. Perché la contrapposizione blocca, non porta soluzioni. E alla fine non si fa altro che lasciare che le cose maturino, con il rischio che maturino in maniera negativa". C'è da stare attenti, dice Gatti, "anche perché i numeri sull'uso di crack non sono più così piccoli, stanno crescendo". Per esempio a Bologna già in un report dell'Ausl sulle dipendenze nell'area metropolitana, che era stato diffuso a marzo scorso, si segnalava un consumo in crescita. In un anno le persone prese in carico per questa sostanza erano passate da 353 a 456 nel 2024. E un ulteriore aggiornamento sui media locali dà conto di un ulteriore rialzo nel 2025, con 518 persone in carico al 30 giugno (di cui 134 nuovi casi).  "Quindi – continua lo psichiatra – luogo per luogo, situazione per situazione, progetto per progetto, c'è da fare attente riflessioni e anche condividerle in modo consapevole, per cercare di far sì che il problema sia meno grave di quello che può diventare e che è già in molti territori. Tenendo presente che le persone che usano crack possono arrivare all'autodistruzione prima di aver maturato il desiderio di un cambiamento. Proprio su questo bisogna riflettere". Il nodo è anche la prevenzione: "Bisognerebbe essere informati e consapevoli rispetto al fatto che accostarsi all'uso di crack è una sorta di autodistruzione – chiosa – E sul perché ci siano persone che cercano questa autodistruzione forse dovremmo porci delle domande, per arrivare prima, magari, e non dopo" che la dipendenza si è innescata. "Fermo restando che anche intervenire dopo è utile per le persone che non ce l'hanno fatta a cambiare strada rispetto a quella che è una durissima dipendenza".  —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

© Riproduzione riservata

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