(Adnkronos) – Nei prossimi 5 anni, l'integrazione dell'intelligenza artificiale nei sistemi di risposta nazionali potrebbe permettere di salvare più vite umane, anticipando dove si verificheranno epidemie e che traiettoria avranno. Gli scienziati sono ottimisti: i progressi nell'Ai possono aiutare davvero il mondo a prepararsi alla prossima pandemia. E proprio per far sì che succeda, un team globale di esperti chiede una migliore collaborazione tra mondo accademico, governo e industria, per garantire sicurezza, responsabilità ed etica nell'uso dell'Ai applicata alla ricerca sulle malattie infettive. Uno studio, pubblicato su 'Nature', illustra per la prima volta come gli avanzamenti dell'Ai possano accelerare anche i progressi nella ricerca in questo campo e nella risposta alle epidemie. Il lavoro arriva dopo l'Ai Action Summit della scorsa settimana e si inserisce in un crescente dibattito globale sugli investimenti e la regolamentazione dell'intelligenza artificiale. Particolare enfasi viene posta sulla sicurezza, la responsabilità e l'etica nell'impiego e nell'uso dell'intelligenza artificiale nella ricerca sulle malattie infettive. Lo studio è frutto di una partnership tra scienziati dell'Università di Oxford e colleghi del mondo accademico, dell'industria e di organizzazioni politiche provenienti da Africa, America, Asia, Australia ed Europa. Finora, le applicazioni mediche dell'intelligenza artificiale si sono concentrate prevalentemente sull'assistenza ai singoli pazienti, migliorando ad esempio la diagnosi clinica, la medicina di precisione o supportando le decisioni relative ai trattamenti clinici, osservano gli autori. Questa revisione considera invece l'uso dell'Ai nella salute della popolazione. E rileva che i recenti progressi nelle metodologie di Ai stanno ottenendo risultati sempre migliori anche con dati limitati, che finora sono stati un importante collo di bottiglia. Migliori prestazioni su questo fronte stanno aprendo nuovi scenari. "Nei prossimi cinque anni, l'intelligenza artificiale ha il potenziale per trasformare la preparazione alle pandemie, assicura l'autore principale, Moritz Kraemer del Pandemic Sciences Institute dell'Università di Oxford. "Ci aiuterà ad anticipare meglio dove inizieranno le epidemie e a prevederne la traiettoria, utilizzando terabyte di dati climatici e socioeconomici raccolti di routine. Potrebbe anche aiutare a prevedere l'impatto delle epidemie sui singoli pazienti studiando le interazioni tra il sistema immunitario e i patogeni emergenti". "Se integrati nei sistemi di risposta dei Paesi, questi progressi avranno il potenziale per salvare vite umane e garantire che il mondo sia meglio preparato alle future minacce pandemiche", continua Kraemer. Le opportunità per l'intelligenza artificiale e la preparazione alle pandemie identificate nella ricerca includono: progressi promettenti nel miglioramento degli attuali modelli di diffusione delle malattie, con l'obiettivo di rendere l'attività previsionale più solida, accurata e realistica; progressi nell'individuazione delle aree ad alto potenziale di trasmissione, contribuendo a garantire che le limitate risorse sanitarie possano essere allocate nel modo più efficiente possibile; potenziale per migliorare i dati genetici nella sorveglianza delle malattie, accelerando in ultima analisi lo sviluppo di vaccini e l'identificazione di nuove varianti. E ancora: potenziale per aiutare a determinare le proprietà di nuovi patogeni, prevederne i tratti e identificare se è probabile che si verifichino salti tra specie; prevedere quali nuove varianti di agenti patogeni già in circolazione, come il virus Sars-CoV-2 e quello dell'influenza, potrebbero emergere e quali trattamenti e vaccini sono più efficaci per ridurne l'impatto; possibile integrazione, tramite intelligenza artificiale, dei dati a livello di popolazione con dati provenienti da fonti a livello individuale, tra cui tecnologie indossabili come la frequenza cardiaca e il conteggio dei passi, per rilevare e monitorare meglio i focolai; creare una nuova interfaccia tra scienza altamente tecnica e professionisti sanitari. Tuttavia, non tutte le aree di preparazione e risposta alle pandemie saranno ugualmente influenzate dai progressi nell'intelligenza artificiale. Ad esempio, mentre i modelli di linguaggio proteico sembrano promettenti per accelerare la comprensione di come le mutazioni del virus possano avere un impatto sulla diffusione e sulla gravità della malattia, su altri fronti si potrebbero ottenere solo modesti miglioramenti rispetto agli approcci esistenti per esempio per prevedere la velocità con cui un patogeno si sta diffondendo. Gli scienziati invitano alla cautela nel sostenere che l'intelligenza artificiale da sola risolverà le sfide delle malattie infettive e si dicono particolarmente preoccupati per la qualità e la rappresentatività dei dati su cui poggia il 'training' di questi sistemi, e per la limitata accessibilità dei modelli di intelligenza artificiale alla comunità più ampia e i potenziali rischi associati all'impiego di modelli 'black-box' per il processo decisionale. "Sebbene l'intelligenza artificiale abbia un notevole potenziale trasformativo per la mitigazione di una pandemia, essa dipende da un'ampia collaborazione a livello mondiale e da input di dati di sorveglianza completi e continui", fa notare lo scienziato Eric Topol, autore dello studio e fondatore e direttore dello Scripps Research Translational Institute. In ogni caso, conclude l'autore principale Samir Bhatt dell'università di Copenaghen e dell'Imperial College Londra, "le epidemie di malattie infettive rimangono una minaccia costante, e l'intelligenza artificiale offre ai decisori politici un nuovo potente set di strumenti per guidare decisioni informate su quando e come intervenire". —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Ai anti-pandemie, così l’intelligenza artificiale aiuterà il mondo a prepararsi
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