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PISTOIA – Due intense giornate, prima della chiusura di lunedì 27 per Le parole di Hurbinek.
Sabato 25 gennaio, alle 20.45, al Funaro va in scena Viaggio in Armenia, liberamente tratto dall’omonima opera di Osip Mandel’štam, con la riduzione e adattamento di Silvio Castiglioni e Giovanni Guerrieri, che cura anche la regia, una produzione de Le parole di Hurbinek, Celesterosa, I Sacchi di Sabbia, con il sostegno di Mic, Regione Toscana, Regione Emilia-Romagna. Lo spettacolo sarà introdotto da Stefano Garzonio, slavista, Università di Pisa.
Dietro l’apparente appartenenza a un genere – il “diario di viaggio” ma anche la “letteratura di missione” sovietica – nelle pagine di Viaggio in Armenia si cela una scrittura che si fa “grafico di una costante diserzione”. E proprio in questa diserzione emerge il carattere politico di un libro che a un primo sguardo può apparire mite e perfino svagato, che però disattende le aspettative dei suoi committenti e sfugge al compito di cantare i presunti successi del primo piano quinquennale. La sfida al nuovo potere sovietico non lascia spazio a ulteriori dilazioni, e con la pubblicazione del Viaggio – prima ancora della celebre poesia su Stalin, ‘il montanaro del Cremlino’, per cui fu ufficialmente incriminato – Osip Mandel’štam si consegna definitivamente nelle mani dei suoi carnefici, portando così a compimento il suo tragico destino.
Segreta riflessione sul tempo, sulla memoria e sulla morte, questo libro è una straordinaria metafora di resistenza e di vitalità. Opera di un artista senza biografia, che si dichiarava ostile a tutto ciò che è personale, Viaggio in Armenia, più di ogni racconto epico-biografico, si è imposto come il materiale ideale per tratteggiare il ritratto del “più grande poeta in lingua russa del Novecento, sottratto alla conoscenza dei suoi contemporanei”, secondo Pier Paolo Pasolini.
“Alla parola razza, che Hurbinek ha pronunciato in questa edizione, risponde una frase del viaggio a cui siamo rimasti impigliati – dichiara la Compagnia – e che ha generato la nostra scrittura scenica: non c’è nulla di più istruttivo e gioioso che immergersi nella compagnia di persone di una razza diversa dalla nostra“.
Penultima giornata di particolare rilievo è quella di domenica 26 gennaio: alle 17, al Funaro va in scena Diario di guerra. Vita immaginaria di Enrica Calabresi, dal testo di Isotta Toso, con la regia di Stefano Cioffi, con Alessandra Evangelisti e le musiche dal vivo di Gabriele Coen, sax e clarinetto e Riccardo Battisti, fisarmonica. Questa lezione-spettacolo sarà introdotta da Alessandra Sforzi, del liceo scientifico Amedeo di Savoia di Pistoia e Michele Battini dell’Università di Pisa. Modererà la serata Francesco Martinelli, storico della musica.
Ebrea, originaria di Ferrara, Enrica Calabresi si trasferisce a Firenze nel 1910 dove studia e consegue la laurea in scienze naturali. Lavora nelle Università di Firenze e Pisa prima come assistente e poi come docente universitaria. Durante la prima guerra mondiale diventa crocerossina per assistere i malati negli ospedali da campo. Dopo la guerra, che le porta via il fidanzato Giovanni De Gasperi, torna alla vita accademica con grande successo nonostante il suo essere donna. Tutto precipita di nuovo con l’arrivo delle persecuzioni razziali. Muore in carcere nel 1944, si suicida con una dose di veleno pur di non prendere il treno che l’avrebbe condotta ai campi di concentramento di Auschwitz.
Diario di guerra è uno spettacolo ambientato prevalentemente in Toscana e racconta il dramma di migliaia di ebrei integrati nella società e nel lavoro che hanno visto crollare il proprio mondo con l’arrivo delle leggi razziali del 1938. L’attrice Alessandra Evangelisti, che interpreta Enrica, è accompagnata in scena dal polistrumentista Gabriele Coen e dal fisarmonicista Riccardo Battisti. La musica, scritta appositamente da Coen per la messa in scena, dialogherà direttamente con le parole rendendole ancora più ricche di emozione e accompagnerà il pubblico all’interno del racconto.