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PISTOIA – Sono usciti in queste ore i risultati dell’Indagine Piaac – Osce sulle competenze degli adulti, ovvero gli strumenti culturali e professionali con cui gli adulti possono affrontare la vita quotidiana e inserirsi adeguatamente nel tessuto economico e sociale della comunità nella quale vivono.
Ma quale fotografia esce per il nostro sistema paese? In tutti e tre i campi di competenze analizzati (dominio cognitivo della literacy, dominio cognitivo della numeracy, dominio cognitivo del adaptive problem solving), gli italiani tra i 16 e i 65 anni si sono collocati ampiamente (e gravemente) sotto la media Ocse. Rispetto alla scorsa edizione i risultati sono ulteriormente peggiorati. Come riportato dagli organi di stampa, in Italia 1 adulto su 3 ha competenze inadeguate e comprende solamente testi brevi. I laureati italiani, ancora troppo pochi in numero, hanno competenze inferiori ad un diplomato di altri paesi europei.
Nelle competenze di literacy il punteggio medio degli adulti italiani è pari a 245 punti, contro una media OCSE di 260. Dopo l’Italia, in questo dominio di competenza, si trovano solamente Israele, Lituania, Polonia, Portogallo e Cile. Nelle competenze di numeracy il punteggio italiano è pari a 244 punti, rispetto ai 263 nella media Ocse. In questo caso l’Italia si colloca al quartultimo posto seguita soltanto da Polonia, Portogallo e Cile. Nelle competenze di problem solving adattivo la media italiana è di 231 punti, a fronte di una media Ocse di 251 punti. Per questo dominio, solo Lituania, Polonia e Cile conseguono punteggi più bassi del nostro paese.
“Per le persone prive di livelli minimi di tali competenze – afferma a margine del rapporto Edoardo Baroncelli, direttore ufficio scuola diocesi di Pistoia – rimane una vita di marginalità e di esclusione che ha come unica soluzione di sopravvivenza quella dei percorsi assistenziali o dell’illegalità. Da ogni indagine nazionale o internazionale esce la fotografia di una situazione di grave emergenza, a cui però non segue un tempo di riflessione, di pensiero e di scelte. La nostra diocesi – annota Baroncelli – ha provato a dare il suo piccolo contributo riflettendo ed avanzando alcune proposte e richiamando l’attenzione sul problema degli studenti ai quali, durante il loro percorso scolastico, viene permessa una frequenza passiva e deresponsabilizzata, priva di apprendimenti. La libertà di procedere senza apprendere, senza crescere e senza formarsi viene a volte confusa con la serenità. Il conto sta arrivando e a pagarlo purtroppo sono le ragazze ed i ragazzi. Non gli adulti che hanno determinato, o lasciato che si determinasse, tale situazione”.
“In questo quadro desolante – conclude il direttore dell’ufficio scuola – rimangono incoraggianti le risonanze a questa riflessione arrivate, nell’incontro del 26 novembre scorso, dal direttore generale dell’ufficio regionale, dalla nostra orovveditora agli studi professoressa Ilaria Baroni, dal sindaco Alessandro Tomasi (che ha aperto assieme alla diocesi un tavolo di riflessione e di azione) e dagli altri sindaci del territorio, dal presidente della Fondazione Caript Luca Gori, dalle amministrazioni provinciali e regionali. Un gruppo di persone che vuole, con tenace umiltà, provare a riflettere e ad agire. A loro va la nostra vibrante gratitudine”.