(Adnkronos) – “Alla luce anche delle sottovalutazioni fatte per la Zes unica è il caso di trarre alcune lezioni a distanza di oltre 30 anni dalla fine del cosiddetto intervento straordinario nel Mezzogiorno per disegnare una politica efficace di supporto allo sviluppo del Sud”. A dirlo in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia Ivo Allegro, ceo e founder di Iniziativa, boutique italiana dei servizi di advisory per lo sviluppo delle imprese sartoriale e tagliata sulle specificità delle aziende italiane. Iniziativa, che ha il suo quartier generale di Napoli e sedi a Roma, Torino, Milano e Bruxelles, dagli anni ’70 agisce come financial advisor supportando anche i processi di pianificazione strategica e di attuazione della strategia, di riassetto finanziario e societario, di ottimizzazione e controllo della performance in primis finanziaria, con un focus specifico al mondo del middle market, ossatura portante del tessuto produttivo del paese. “Serve – spiega Allegro che è anche docente di ‘Project cycle Management e accesso a fondi pubblici’ all’Università degli studi di Roma Unitelma Sapienza – una programmazione pluriennale di tutto il complesso delle agevolazioni; è noto nella letteratura economica che le agevolazioni ‘episodiche’ (che nascono e muoiono) generano degli effetti perversi di blocco degli investimenti (lock-in) in attesa dell’agevolazione, di concentrazione degli investimenti in funzione degli aiuti, di spiazzamento del time to market, anche per ‘time to grant’ (tempo dell’istruttoria) non coerenti, nonché di introduzione di logiche strategiche non sempre in armonia con i trend di mercato attuali (ad esempio privilegiando investimenti materiali a fronte di investimenti immateriali) in funzione di quello che viene agevolato”. “In questo quadro – osserva – i rimedi classici suggeriti dalla letteratura (ma anche dalla UE) sono connessi in primis alla programmazione a scorrimento su un orizzonte almeno a 24/36 mesi di tutte le agevolazioni (incluse quelle alla R&D e all’innovazione) dando trasparenza programmatoria sia in termini di risorse che di tempi di operatività degli strumenti. Serve poi la creazione di processi di carattere industriale per la gestione delle fasi di selezione e valutazione delle operazioni con tempi certi (oggi in Italia sugli strumenti selettivi tra la presentazione della domanda e l’accesso alle agevolazioni possono passare anche 36 mesi) che, peraltro, vengono facilitati da un quadro programmatorio che dia certezza nel tempo a strumenti e risorse”. “Le scorciatoie – sottolinea – rispetto a processi di selezione seri, come i click day o le agevolazioni automatiche, soprattutto quando si prevedono riparti sulla base di risorse scarse, funzionano poco. Il credito d’imposta Zes unica docet. Se l’Italia ha convinto la UE che per generare investimenti addizionali al Sud serve dare agevolazioni sino al 60% dell’investimento come è possibile pensare di avere un effetto incentivante con meno di 1/5 di questa percentuale che con il provvedimento del 7 agosto sono diventati i 2/5? Delle due l’una o la Carta degli Aiuti negoziata con Bruxelles è troppo generosa per le imprese oppure il livello di agevolazione della Zes unica è inadeguato per innescare sviluppo”. “Se non si hanno le risorse – spiega Ivo Allegro – non si può fare una politica a pioggia ma servono meccanismi selettivi efficienti. In questa prospettiva il credito d’imposta Zes non sembra uno strumento particolarmente indovinato sia perché nasce sull’impalcatura ormai arcaica della legge 388/2000 non consentendo, al netto di pericolose alchimie, l’investimento in beni che oggi sono vitali per un’impresa (come ad esempio i beni immateriali, in primis il software), sia perché non è coerente con il nuovo paradigma del 5.0 (rispetto a cui non ci può essere cumulo con l’agevolazione specifica), ma soprattutto perché le risorse, come preventivato da molti, non sono sufficienti soprattutto se programmate su un orizzonte così breve (novembre 2024), senza certezza per gli anni successivi, con l’ovvio effetto di corsa ‘all’ultimo treno’ da parte delle imprese. Al Mezzogiorno non servono vampate connesse a logiche di ‘bonus’ ma politiche certe in grado di rendere il territorio attrattivo per le imprese nel tempo. “E’ fondamentale – spiega – uscire dalla retorica delle pmi. Trattare le micro, piccole e medie imprese come un unico coacervo quando al suo interno ci sono realtà profondamente differenziate nei fabbisogni per lo sviluppo (un’impresa che realizza 35 milioni di fatturato è molto diversa da una che fattura poco centinaia di migliaia di euro) è uno degli errori perduranti nel tempo delle politiche agevolative. In tal senso, è necessaria una differenziazione degli strumenti rispetto alla dimensione delle imprese e ai fabbisogni differenti”. “Servono – suggerisce – pochi strumenti, ben differenziati, stabili nel tempo e con dotazioni adeguate. L’attuale quadro delle agevolazioni, oltre ad uno strumento selettivo stabile per investimenti di grandi dimensioni come il contratto di sviluppo, non offre strumenti duraturi che consentano di soddisfare le esigenze differenziate delle diverse tipologie di imprese. Forse è il momento di creare strumenti differenziati e strumenti valutativi con logica mista che uniscano un’agevolazione di base con percentuali certe, gestita in modo automatico, con un’agevolazione supplementare/premiale gestita in base a procedure di selezione basate sulla valutazione dei progetti e sui loro impatti”. “Bisogna coordinare – spiega – le politiche nazionali con quelle regionali. La duplicazione ridondante si sposa più con finalità politiche, quelle con la p minuscola che tanti danni hanno generato al Sud, che con l’esigenza di attrarre, trattenere, sostenere e sviluppare gli investimenti e la crescita del tessuto produttivo meridionale”. Per Allegro “è fondamentale lavorare su strumenti agevolativi che si integrino con strumenti finanziari. Nel Mezzogiorno è necessario stimolare la nascita di un mercato finanziario. In tal senso, dispiegare strumenti finanziari, che avendo carattere rotativo generano limitati assorbimenti di capitale permanente al contrario degli aiuti in conto capitale, consentirebbe di aumentare il tasso di copertura finanziaria degli investimenti e di generare tassi di investimento nel Mezzogiorno più alti, soprattutto da parte del non sempre solidissimo ma comunque consistente tessuto autoctono. Nel contempo questo stimolerebbe lo sviluppo anche di un mercato finanziario al Sud”. “In conclusione – dice – partire dal quadro a luci e ombre del credito d’imposta Zes e guardare agli errori compiuti negli ultimi 35 anni nelle politiche di incentivo allo sviluppo delle imprese localizzate al Sud, può essere l’occasione per impostare una riforma della materia che affronti in modo moderno la questione di come stimolare stabilmente lo sviluppo del Meridione, mantenendo quello che funziona e aggiustando quello che funziona meno in una logica di miglioramento continuo, lontana dagli annunci roboanti della mossa risolutiva ma declinata con costanza, ‘senza fretta, senza sosta’ per citare Goethe. Questo, considerando che il Mezzogiorno è virtualmente l’11° nazione europea per pil e alla luce dell’ineludibilità della questione crescita del pil del paese enfatizzata dall’impatto sul debito del controverso Pnrr, non è più una questione meridionale, ma di rilevanza nazionale. Per questo la domanda sorge spontanea: se non ora, quando”. —lavoro/datiwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Sud, Ivo Allegro (Iniziativa): “Servono programmazione pluriennale e nuovo approccio”
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