(Adnkronos) – Esperienza, innovazione e soprattutto made in Italy. Questo il segreto di Gruppo Caffo 1915 da cui nascono diversi prodotti, primo fra tutti il Vecchio Amaro del Capo. Una storia ultracentenaria che prende vita da Giuseppe Caffo, mastro distillatore, alla fine dell’Ottocento quando, ai piedi dell’Etna, inizia a distillare vinacce. Nel 1915, dopo averla gestito per anni in affitto, rileva una distilleria esistente a Santa Venerina, vicino a Catania, con una produzione basata soprattutto sui distillati, alcole e derivati della lavorazione del vino. Con il passare del tempo si inizia la produzione di liquori ottenuti da antiche ricette che, grazie ai sapienti dosaggi di erbe aromatiche ed officinali infuse in alcole di ottima qualità, ottengono immediatamente i favori dei buongustai e della raffinata clientela dell’epoca. La tradizione e il mestiere di mastro distillatore passano dal fondatore Giuseppe al figlio Sebastiano che, insieme ai fratelli tornati dall’Australia, costituiscono la società ‘Fratelli Caffo-Distillerie di alcole, brandy e tartarici’, riattivando un’antica distilleria in Calabria a Limbadi, località all’epoca famosa per la sua produzione di ottimo vino rosso. L’azienda, oggi in mano al nipote omonimo di Giuseppe e a suo figlio Sebastiano Giovanni, detto Nuccio, coniugando esperienza e innovazione, con le dovute trasformazioni alle apparecchiature di distillazione e alla lavorazione dei liquori per ottenere il risultato ottimale, è cresciuta rapidamente, anche aprendo filiali all’estero e diventando il punto fondamentale di un gruppo di aziende controllate dalla holding Caffo 1915 srl. “I nostri prodotti – spiega in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia Nuccio Caffo, amministratore delegato di Gruppo Caffo 1915 – sono apprezzati a livello nazionale e internazionale. Anche quest’anno, per l’ottava volta, Vecchio Amaro del Capo ha conquistato il titolo come ‘Migliore indice di rotazione nella categoria ‘Bevande alcoliche e birre’ al prestigioso concorso Brands Award 2024 e ha ottenuto un altro primo posto tra tutte le categorie con il Premio Retailer per Indice di rotazione. La qualità costante nel tempo viene premiata dai consumatori che ogni giorno lo scelgono Vecchio Amaro del Capo, l’amaro più amato e consumato in Italia. Ora la priorità per l’azienda è quella di replicare questo successo anche sui mercati internazionali dove stiamo costruendo il nostro progetto per il futuro”. “All’origine – sottolinea – era un prodotto praticamente del sud della regione Calabria in quanto era il leader a livello regionale tra le produzioni di questa categoria di prodotto e l’espansione dell’Amaro del Capo fuori dalla regione ha aperto i confini per una vera e propria categoria di questi amari a base di erbe calabresi che sta sicuramente avendo un momento felice. Anche perché Limbadi, in provincia di Vibo Valentia dove viene prodotto, è una città che ha un amore per la Calabria; è una terra ricca di materie prime, di tante erbe officinali, di frutti, di radici come per esempio la liquirizia proprio selvatico, che permettono di ottenere a chilometro zero prodotti di qualità sicuramente importante e permettono all’azienda di poter lavorare partendo appunto dalle materie prime fresche”. “Noi – racconta Nuccio – all’interno della nostra distilleria prepariamo tutte le infusioni stagionali. Siamo in un piccolo comune di campagna di circa 2000 abitanti e siamo circondati dalla natura quindi, da questo punto di vista, non abbiamo difficoltà a reperire quelle che sono le materie prime non solo per il lavoro del capo ma per tutti i nostri prodotti. Ci sono, infatti, anche tanti marchi chiamiamoli più locali legati al territorio come per esempio il Liquorice che è stato il primo liquore a base di liquirizia calabrese a uscire sul mercato”. “Ormai da oltre 25 anni – sottolinea – abbiamo aperto la categoria di liquore da liquirizia che prima non esisteva prima; la liquirizia era considerata solo un ingrediente soprattutto negli amari con noi, invece, è diventata una categoria di liquore a se stante. Noi lavoriamo le radici in un nostro stabilimento dedicato, a pochi chilometri dalla distilleria, dove vengono conferite le radici fresche che trinciamo e facciamo bollire secondo un metodo che in Calabria si utilizza dal Settecento. Gestiamo direttamente la filiera della liquirizia anche per la parte agricola, abbiamo un’azienda agricola di circa 16 ettari a tre chilometri dalla distilleria quindi tracciamo tutto quello che poi va a finire nostre bottiglie”. “Oltre all’Amaro del Capo – spiega – c’è anche la Ferro China che nei secoli passati veniva considerato un medicinale contro l’anemia nei periodi di crescita quando magari si mangiava poca carne perché non c’erano protezioni economiche. E’ un liquore amaro aperitivo di fama mondiale a base di citrato di ferro e china. Si può bere a qualsiasi ora del giorno, preferibilmente prima dei pasti, secco o allungato con acqua semplice o minerale. Ferro China Bisleri è stato il primo liquore in assoluto ad essere realizzato con il sale di un metallo, guadagnando il posto di precursore degli integratori e dei ricostituenti. Una formula segreta che prevede infusi tutti naturali di erbe rare, erbe benefiche e gradevoli, dalle proprietà digestive e aperitive e due ingredienti principali: la corteccia di china calissaya, nota a farmacisti ed erboristi per la sua azione antimalarica e febbrifuga e il citrato di ferro”. “La Ferro China – continua Nuccio Caffo – ha contribuito a curare la malaria infatti l’inventore Bisleri acquistata da un farmacista maremmano una ricetta di pillole risultanti dall’associazione di farmaci noti, quali il chinino, l’arsenico e il ferro, migliorò il preparato, cui dette il nome di ‘esanofele’ per sottolineare l’azione antianofelica, e chiese al malariologo G. B. Grassi di sperimentarlo (1899). Il farmaco dette buoni risultati e si diffuse anche all’estero. Infatti l’attività di Bisleri poté a buon diritto inserirsi nella lotta antianofelica allora in pieno svolgimento. In tale occasione Bisleri organizzò non solo ricerche sperimentali, ma promosse anche la raccolta della letteratura scientifica sulla malaria e curò la stampa e la diffusione, sempre a sue spese, di vari volumi sull’argomento, con passione che prescindeva da ogni immediato successo industriale”. “Queste – fa notare – sono solo alcune delle innumerevoli storie legate alla produzione Caffo che con artigianalità e innovazione porta avanti la tradizione di una ‘terra’”. “Al sud – dice – si può fare un prodotto che è impresa e che dà anche ottimi risultati. Perciò rimboccandoci le maniche lavorando con costanza senza mollare alle prime difficoltà. Tante aziende che stanno emergendo nel sud Italia devono capire che si può andare oltre. Noi siamo a Limbadi, un paesino di circa duemila abitanti in provincia di Vibo Valentia, eppure da qua abbiamo contatti con tutto il mondo. Questo è un po’ il miracolo avvenuto al sud, qualcosa del genere in passato sarebbe stato anche più difficile per le barriere date dai collegamenti materiali e immateriali che però piano piano stanno cadendo, dando così la possibilità anche al sud di emergere”. “Noi ad esempio – ricorda – da qua siamo connessi via internet con tutte le nostre sedi sia in Italia che all’estero, come fossimo vicini di stanza. Con una telefonata alla nostra distilleria di Udine, dove produciamo la grappa, si può parlare con il nostro ufficio in Germania o negli Stati Uniti o in Olanda, fino a qualche anno fa era impensabile quindi diciamo che è un po’ forse un simbolo di quello della centralità nel Mezzogiorno della Calabria. Ci vuole qualche aggiustamento come aiutare a migliorare i trasporti e quindi riuscire a riempire i trasporti sulla ferrovia in maniera tale da accorciare le distanze e fare anche meglio per il porto di Gioia Tauro che abbiamo qui a 15 km. Bisogna sfruttare al meglio i collegamenti ferroviari prevedendo aggiustamenti anche dal punto di vista logistico, ciò aiuterebbe a realizzare uno sviluppo più veloce. Sono sicuro che ci sarà, è solo una questione di tempo”. —lavoro/made-in-italywebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Made in Italy, Gruppo Caffo 1915: “Dal Vecchio Amaro del Capo al Ferro China il sapore del Sud”
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