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Vip italiane spogliate con l’intelligenza artificiale: scoperto nuovo sito di deepnude

Aperto da 11 anni, con 7 milioni di utenti il tutto il mondo, ha rappresentato l’ennesimo abuso sul corpo delle donne. Parliamo di SocialMediaGirls, l’ultima piattaforma sessista scoperta in Italia grazie alla denuncia della giornalista Francesca Barra, la quale ha rivelato, sui propri canali social, di aver trovato immagini di se stessa manipolate e denudate che circolavano liberamente online. Barra non è la sola. Insieme alla scrittrice e giornalista italiana ci sono i volti di cantanti, attrici, donne dello spettacolo, vip nazionali e non solo, ai cui volti si accostano corpi realizzati con l’intelligenza artificiale, prontamente spogliati ad uso e consumo degli utenti online.

Il meccanismo è semplice: si apre la piattaforma, disponibile su un qualsiasi motore di ricerca; ci si iscrive con pochi click e si dichiara di avere almeno 18 anni e, in pochi minuti, si inizia a navigare nel mare magnum del dark web. Immagini di nudi, anche di minori, create con strumenti di intelligenza artificiale: sono i cosiddetti deepfake che, nella fattispecie, sono stati ribattezzati deepnude, visto lo scopo a sfondo sessuale per il quale sono pensati e prodotti.

La polizia postale ha avviato le dovute indagini. Intanto l’indignazione dilaga e la prevenzione di questi fenomeni è richiesta a gran voce. Ma andiamo con ordine.

La denuncia di Francesca Barra

A denunciare il sito, nella giornata di ieri 27 ottobre 2025, è stata la giornalista italiana Francesca Barra. “Ho scoperto che su un sito per adulti circolano immagini di me nuda, generate con l’intelligenza artificiale”, ha scritto Barra, in un post condiviso su Instagram, con a corredo le finte immagini che la ritraggono nuda. “Non sono io, ma qualcuno ha deciso di costruire quella menzogna per ottenere attenzione e insinuare il dubbio che potessi essermi mostrata in quel modo negli ambienti in cui lavoro o ho lavorato in Mediaset e con Piero Chiambretti”.

“Paura” è il sentimento con il quale la scrittrice e giornalista descrive le prime sensazioni dopo la scoperta. Paura “per ciò che avrebbero potuto sentire o leggere” i suoi figli, “se quelle immagini fossero finite nelle mani sbagliate”. Ma anche preoccupazione per le “figlie e i figli di tutti”. Un pensiero anche “alle ragazze che subiscono la stessa violenza digitale e che forse non hanno i miei stessi strumenti per difendersi o la mia forza per reagire. É una violenza e un abuso che marchia la dignità, la reputazione, la fiducia. Un furto dell’immagine, del corpo, della libertà di essere viste come si è – non come un algoritmo o una mente malintenzionata decide di rappresentarci”. Poi il monito: “Nessuna donna, nessuna ragazza dovrebbe trovarsi di fronte a un corpo inventato e sentirsi ferita due volte: nell’immagine e con l’impunità”.

La sextortion subita da Jolanda Renga

Neanche 24 ore prima della denuncia di Francesca Barra, era andato in onda su Italia1, al programma Le Iene, il monologo di Jolanda Renga, speaker radiofonica e scrittrice, figlia 21enne del cantante Francesco Renga e dell’attrice e conduttrice televisiva Ambra Angiolini. “Pubblicherò a mezzanotte le foto che ho di te nuda. Dì pure a tua madre che se non riceverò 10mila dollari ti rovinerò la vita”.

Il messaggio arrivato sul telefono di Jolanda Renga interrompe un pomeriggio che la 21enne stava trascorrendo tra amiche e famiglia. Una minaccia basata su foto che non esistono, ma che sono bastate a creare il terrore: “Mi sono sentita nuda – ha raccontato la 21enne -. Ero senza difese, ho scoperto che il mio corpo, nudo o manipolato, può diventare la mia condanna”. E l’invito a denunciare: “Voglio fargli sapere che la legge lo raggiungerà – ha spiegato la ragazza riferendosi alla persona che l’ha minacciata -: è lui a doversi vergognare, perché la mia dignità è il miglior vestito che ho addosso e nessuno può togliermelo. Come donna, voglio dire a chi, in un giorno qualunque, si è sentita nuda e colpevole come me: non lo sei. Rompi il silenzio, denuncia, chiedi aiuto, spogliali tu”.

I casi precedenti: “Mia Moglie” e “Phica.eu”

Questi sono solo gli ultimi due casi che hanno raggiunto il grande pubblico. Si basano sempre sulla manipolazione di immagini spesso con lo scopo di creare paura e terrore e minacciare o estorcere denaro. Ma il problema ha radici ben più profonde.

Negli scorsi mesi, un gruppo Facebook tutto italiano ha attirato l’attenzione nazionale. Parliamo di “Mia Moglie”, all’interno del quale oltre 30mila iscritti, perlopiù uomini, condividevano le immagini rubate nelle proprie abitazioni, foto delle proprie compagne in intimo, con gli altri utenti. Come fossero modelli di automobili, si scambiavano commenti sulla “carrozzeria” delle vittime, tutte donne, inconsapevoli e non consenzienti, i cui corpi oggettivizzati venivano usati come passatempo dagli iscritti. Posto anch’esso all’attenzione della polizia postale, quel gruppo è stato chiuso per poi essere ricreato, prima su Facebook e poi su Telegram, per poi essere chiuso ulteriormente.

Il fenomeno ha catturato non poche polemiche e pochi giorni dopo, numerosi utenti hanno segnalato l’esistenza di un sito che da anni, indisturbato, svolgeva la stessa – se non peggio – attività del gruppo Facebook. Si trattava del sito Phica.eu, in origine Phica.net, più volte chiuso e riaperto, all’interno del quale, oltre numerose immagini pornografiche, erano finite anche figure istituzionali, quali la presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni e la leader del Partito democratico Elly Schlein, per citarne alcune.

Ma tornando a SocialMediaGirls, la lista di vip italiane si fa numerosa. Dalla cantante Annalisa alla politica Maria Elena Boschi, passando per l’imprenditrice e influencer Chiara Ferragni, fino alla conduttrice Maria De Filippi: il sito si è avvalso delle immagini di donne pubbliche per ricreare dei finti nudi, il tutto con lo scopo di generare traffico da siti porno e banner pubblicitari.

Non ce la fate proprio a non abusare del corpo delle donne.
Fisicamente, verbalmente, digitalmente. Sempre.

Dopo il…

Pubblicato da Avvocata Cathy La Torre su Lunedì 27 ottobre 2025

L’indignazione

L’indignazione che questi siti sessisti producono non ha precedenti. Ad esprimere la propria, così come la necessità di intervenire con maggiori norme sul tema, è stata l’avvocata e attivista Cathy La Torre, la quale scrive su Facebbok che dopo il gruppo “Mia moglie” e dopo il forum “Phica”, “dopo decine di siti e canali in cui le donne sono ridotte a oggetti da umiliare, è arrivato anche questo: SocialMediaGirls. Sette milioni di iscritti nel mondo. Dentro, migliaia di immagini di donne pubblicate senza consenso, molte spogliate artificialmente attraverso l’intelligenza artificiale […]. Questa è una violenza reale, solo che si consuma dietro uno schermo”.

Poi l’appello alle istituzioni e al genere maschile: “E le piattaforme? Le leggi? Sempre un passo indietro, sempre a rincorrere, sempre troppo tardi. Perché nel Paese in cui si discute ancora se sia o no “una molestia”, c’è chi nel frattempo ha trovato il modo di spogliare anche le donne che non può toccare. Come uomini, non sentitevi “tutti uguali”. Sentitevi offesi da chi, con la propria violenza e il proprio disprezzo, sta infangando un intero genere: il vostro”.

Ma anche dalle istituzioni si solleva il coro della rabbia contro l’impunità: “Un altro, disgustoso e agghiacciante sito che usa la tecnologia per violentare le donne. ‘Spogliare’ con l’intelligenza artificiale un volto, un corpo, una vita, senza consenso, non è intrattenimento, è uno stupro virtuale – denuncia con forza la senatrice di Forza Italia e vice presidente del Senato Licia Ronzulli -. A Francesca Barra, Maria De Filippi, Benedetta Parodi, Cristina D’Avena, Maria Elena Boschi e a tutte le donne coinvolte, famose o non famose, va la mia solidarietà e la mia vicinanza. Ma se prima ci si poteva solo indignare per tutto questo, se prima la denuncia era solo un proforma perché i responsabili la facevano franca, ora, grazie alla nostra legge, che introduce il reato di deepfake, pagano con il carcere fino a cinque anni. Chi violenta con un clic è un criminale, non hacker”.

La legge italiana

La diffusione di contenuti generati o alterati con sistemi di intelligenza artificiale è già reato. Lo si identifica con l’articolo 612-quater all’interno della legge n. 132/2025, con oggetto “Disposizioni e deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale”.

Il reato si configura quando si infligge “un danno ingiusto ad una persona, cedendo, pubblicando o altrimenti diffondendo, senza il suo consenso, immagini, video o voci falsificati o alterati mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale e idonei a indurre in inganno sulla loro genuinità”. Ed è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

I prossimi passi

Sull’argomento si sono attivati gli esponenti politici con proposte di legge volte a tutelare le donne e chiunque sia vittima di questi reati.

“Un altro ignobile sito internet di pornografia non consensuale, ancora immagini di donne manipolate con l’intelligenza artificiale. Una deriva sempre più raccapricciante, la conferma della necessità di regole nuove per fermare il mercato nero degli abusi sessisti online. Bene ha fatto Francesca Barra a denunciare: a lei e a tutte le altre vittime di SocialMediaGirls la mia solidarietà. Ma serve un salto di qualità normativo, occorre aggiornare il sistema di regole con misure per contrastare i cosiddetti deepfake”, scrive sui social Mara Carfagna, segretaria di Noi Moderati, partito che ha presentato una proposta di legge che introduce l’obbligo di segnalare in modo chiaro i contenuti generati con l’intelligenza artificiale e “rafforza i controlli sulle piattaforme e impone sistemi di identificazione obbligatoria degli utenti, così da poter individuare immediatamente i responsabili – ha spiegato Carfagna -. Basta con l’anonimato sul web. È tempo che la rete smetta di essere una zona franca: la libertà digitale non può diventare complicità con la violenza”, ha concluso.

Così come, la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio “ha quasi completato il ciclo di audizioni e sta predisponendo la bozza della relazione sulla dimensione digitale della violenza di genere in Italia alla luce anche della nuova legge sulla intelligenza artificiale 132 del 2025″, come ha spiegato all’Adnkronos la presidente della Commissione, Martina Semenzato.

“Sono emersi i temi della responsabilità e dell’identificazione – ha continuato Semenzato -. A tal proposito è evidente la necessità di individuare immediatamente gli autori degli illeciti e approntare sistemi sanzionatori adeguati a carico delle piattaforme che, nonostante le segnalazioni, faticano a rimuovere i contenuti. Le norme si stanno attualizzando pensiamo all’introduzione dell’articolo 612 quarter”.

Popolazione

content.lab@adnkronos.com (Redazione)

© Riproduzione riservata

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