L’Italia dipinta dal Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes) del 2024 è un Paese di contrasti, che celebra i massimi storici nella longevità (la speranza di vita totale è di 83,4 anni) mentre le sue fondamenta sociali cedono sotto il peso dell’abbandono. Il dato più drammatico è il tradimento del diritto alla salute: ben il 9,9% dei cittadini, circa 5,8 milioni di persone, si è visto costretto a rinunciare a visite specialistiche o esami medici nel 2024, superando i picchi di rinuncia persino pre-pandemici. Le motivazioni strutturali ormai: liste d’attesa insostenibili e costi troppo elevati. Questo crollo nell’accesso alle cure non è solo un numero, ma un vero e proprio arretramento nella qualità della vita, confermato dal calo della speranza di vita in buona salute, scesa a 58,1 anni.
Ma non solo. Cresce anche un senso di insicurezza: soltanto il 56,7% delle persone si sente al sicuro camminando da solo al buio in strada, un’erosione della fiducia nello spazio pubblico mai così marcata dal 2014, mentre la giustizia è al collasso, con le carceri che segnano il record di affollamento, a 120,6 detenuti ogni 100 posti.
A chiudere il quadro, il fantasma della povertà assoluta continua a perseguitare il 9,8% della popolazione, unito a un divario Nord-Sud così profondo che nel Mezzogiorno la maggior parte degli indicatori di benessere si attesta su livelli peggiori rispetto alla media nazionale. L’Italia è a un bivio: i progressi strutturali si scontrano con un deterioramento acuto in ambiti cruciali, lasciando una significativa fetta della popolazione nell’insicurezza e nella rinuncia.
Crollo dell’accesso alle cure e salute percepita
Nonostante l’Italia mantenga una speranza di vita alla nascita elevata, raggiungendo il nuovo massimo di 83,4 anni – 85,5 per le donne e 81,4 anni per gli uomini e superiore agli 81,7 anni della media europea -, la percezione della qualità della vita subisce un duro colpo.
Il dato più preoccupante riguarda la rinuncia alle prestazioni sanitarie: la percentuale di cittadini che ha evitato visite specialistiche o esami medici (esclusi gli odontoiatrici) è salita al 9,9% nel 2024. Questo dato, che coinvolge circa 5,8 milioni di persone, supera sia il livello del 2023 (7,6%) sia i valori pre-pandemici (8,1%). Le motivazioni principali di questa rinuncia sono attribuibili alle lunghe liste d’attesa (6,8%) e alle difficoltà economiche (5,3%). Le donne (11,4%) e gli adulti tra i 45 e i 54 anni (13,4%) risultano essere i più penalizzati.
A peggiorare il quadro sanitario, si registra una diminuzione della speranza di vita in buona salute, che scende a 58,1 anni nel 2024, rispetto ai 59,1 anni dell’anno precedente. Su questo calo incide il peggioramento della percezione di buona salute, che si attesta al 67,1% nel 2024, in calo di 1,3 punti percentuali dal 2023. Preoccupa anche l’incremento dell’obesità, che ha raggiunto l’11,3% nel 2024, in crescita rispetto al 10,0% del 2014.
Sicurezza in deterioramento e carceri sovraffollate
L’indicatore “Sicurezza” mostra un netto peggioramento nel breve periodo. La fiducia personale nello spazio pubblico è diminuita: solo il 56,7% delle persone di 14 anni e più si sente sicuro camminando da solo al buio, un calo di ben 5,3 punti percentuali rispetto al 2023. Questo riporta il valore vicino a quello del 2014 (56,2%). Inoltre, la quota di famiglie che percepiscono la propria zona di residenza come ad alto rischio di criminalità è salita al 26,6% (era 23,3% nel 2023).
Un segnale d’allarme strutturale arriva dalle carceri, dove l’affollamento ha toccato il massimo dal 2014, superando i 120 detenuti ogni 100 posti regolamentari (120,6%). Rispetto al 2014, la popolazione carceraria è aumentata del 15,4%. Tuttavia, sul lungo periodo, l’Italia registra un miglioramento nella sicurezza relativa a furti in abitazione, borseggi e rapine e mantiene un tasso di omicidi tra i più bassi in Europa (0,6 per 100mila abitanti contro 0,9 nell’Ue).
Disuguaglianze territoriali e il gap europeo
Le disuguaglianze territoriali restano la caratteristica più marcata del benessere italiano. In tutte le regioni del Nord e del Centro (escluso il Lazio), almeno il 60% degli indicatori regionali mostra livelli di benessere superiori alla media nazionale. Al contrario, nella maggior parte del Mezzogiorno (tranne l’Abruzzo), la maggioranza degli indicatori è su livelli peggiori; in Campania e Puglia, ciò accade per più di sette indicatori su dieci. Ad esempio, l’irregolarità nella distribuzione dell’acqua affligge il 18,6% delle famiglie nel Mezzogiorno, contro solo il 3,2% al Nord.
L’incidenza della povertà assoluta è peggiorata nel lungo periodo: dal 2014 (6,9%) è costantemente cresciuta, fatta eccezione nel 2019 (7,5%), anno in cui è diminuita per effetto congiunto del Reddito di cittadinanza che ha sostituito il Reddito di inclusione e del miglioramento dei livelli di spesa delle famiglie meno abbienti. Nel 2022 l’incidenza è tornata a crescere (9,7%), complice l’inflazione che colpisce in maniera più dura le famiglie meno abbienti. Dal 2022 è stabile: 9,7% nel 2023 e 9,8% nel 2024. Infine, il 5,8% della popolazione, nel 2024, dichiarava di non riuscire ad arrivare a fine mese.
L’Italia sconta un significativo svantaggio nel mercato del lavoro, con un tasso di occupazione del 67,1%, inferiore di 8,7 punti percentuali rispetto alla media europea. Il divario di genere nel lavoro è stabile a 19 punti. Inoltre, l’Italia è in ritardo sull’istruzione terziaria, con solo il 31,6% dei 25-34enni laureati, ben al di sotto del 44,1% dell’Ue.
Giovani e donne
Non mancano le aree di successo, in particolare tra i giovani. Il tasso di Neet, cioè i giovani tra 15 e 29 anni che non studiano e non lavorano, è sceso al 15,2% nel 2024 (era 23,2% nel 2018). Parallelamente, l’abbandono scolastico tra i 18-24enni è diminuito al 9,8%, avvicinandosi all’obiettivo Ue del 9% per il 2030.
La quota di famiglie servite da connessione Internet ultra veloce è quasi triplicata in sei anni, raggiungendo il 70,7% nel 2024 (era 23,9% nel 2018). Per la prima volta, la quota più alta si registra nelle Isole (75,3%).
Per ogni 100 donne senza figli, il tasso di occupazione di quelle tra i 25 a 49 anni con almeno un figlio in età prescolare è pari a 75,4, migliore rispetto al 2023 (73): cresce l’occupazione delle donne con figli tra 0 e 5 anni (+1,8 punti percentuali), ma è stabile quella delle donne senza figli. Nel Mezzogiorno il rapporto è più basso (71,9 rispetto a circa l’80 di Nord e Centro).
Preoccupazioni ambientali
Nel 2024, i cambiamenti climatici sono considerati una delle principali preoccupazioni ambientali per il 68,2% delle persone di 14 anni e più, un dato che evidenzia una consapevolezza significativamente in aumento rispetto al 58,6% registrato nel 2014. Questa crescita della preoccupazione è particolarmente marcata tra gli over 74, fascia d’età in cui è salita dal 49,4% nel 2014 al 67,5% nel 2024. Inoltre, il livello di istruzione si associa a una maggiore preoccupazione per il problema: i laureati di 25 anni e più sono più preoccupati (75,5%) rispetto a chi possiede un diploma di scuola secondaria superiore (70,1%) o inferiore (65,6%). Questa emergente preoccupazione per i cambiamenti climatici e per la perdita di biodiversità può anche spiegare il calo di attenzione e sensibilità registrato per il deterioramento del paesaggio, una preoccupazione che ha mostrato un declino nel decennio.
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