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Parità di genere, quasi un uomo su tre crede sia già stata raggiunta

L’Italia maschile è divisa sul cammino verso la parità di genere, ma concorda sui benefici: oltre il 90% degli uomini (90,5%) ritiene che una maggiore equità sia un vantaggio per tutte le persone, indicando un potenziale per una conquista collettiva. Nonostante questa apertura, le resistenze culturali rimangono profonde: solo il 34,6% dei padri ha usufruito per intero del congedo parentale, e quasi un uomo su tre (29,5%) crede che la parità di genere sia già stata raggiunta, un dato in aumento rispetto al 21% del 2023. Allarmante è il calo di sensibilità tra i più giovani: il coinvolgimento nel contrasto alla violenza di genere, che si attesta al 77% nella popolazione maschile generale, crolla al 53,8% tra gli uomini della Generazione Z.

Questi sono i principali risultati della nuova indagine L.U.I. (Lavoro, Uomini, Inclusione) 2025. La survey è stata promossa da Fondazione Libellula, impegnata da oltre dieci anni nel contrasto alla violenza di genere, con la partnership scientifica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in particolare tramite il Centro di ricerca sulle dinamiche evolutive e educative e l’Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli. L’indagine ha raccolto oltre 6.000 risposte, di cui 2.137 da uomini lavoratori in Italia, ed è stata presentata oggi a Milano.

L’obiettivo è quello di accendere i riflettori sul punto di vista maschile in merito a parità, genitorialità, molestie e discriminazioni nel contesto professionale. E il quadro è complesso: un intreccio di “dati incoraggianti” e “segnali di resistenza”.

Metodologia e contesto della ricerca

La Survey L.U.I. 2025 è stata condotta tramite un questionario online anonimo e su base volontaria, lanciato tra gennaio e aprile 2025. Il questionario era composto da 101 domande a risposta multipla, suddivise per sezioni tematiche come stereotipi, genitorialità, lavoro di cura e violenza di genere.

La metodologia ha previsto l’estensione della compilazione anche a 3.947 donne per consentire un confronto di genere essenziale per l’analisi finale. La ricerca ha inoltre adottato uno sguardo intersezionale, analizzando come variabili sociodemografiche come età, provenienza geografica e orientamento affettivo-sessuale influenzino i vissuti individuali di privilegio o svantaggio. L’intento è stato quello di contribuire a superare gli stereotipi che limitano la libertà di tutte e tutti.

I risultati: genitorialità e disparità di carico

I risultati della ricerca evidenziano che la cura dei figli e il carico familiare rimangono responsabilità prevalentemente femminili.

Soltanto il 34,6% degli uomini con figli ha utilizzato il congedo parentale per intero. Questo dato, sebbene aumenti significativamente tra gli uomini Millenials (31-40 anni) al 56,6%, si abbassa al 23% nella fascia tra i 51 e i 60 anni.

La disparità è evidente nel rapporto tra carriera e famiglia. Solo il 18% degli uomini dichiara di sentirsi costretto a sacrificare la propria carriera per la cura della famiglia. Questa percentuale sale a oltre il 43% tra le donne.

Solo l’1% degli uomini è stato interrogato sulla possibilità di avere figli durante un colloquio, mentre questo accade al 20% delle donne. Un uomo su dieci (10%) ha sentito commenti negativi legati alla maternità sul lavoro, e il 5,4% rispetto alla paternità. Nella maggior parte dei casi, chi pronuncia questi commenti sono altri uomini.

Percezione della parità e discriminazioni

Il senso di privilegio maschile spesso rimane “invisibile” a chi lo vive. Solo il 53,3% degli uomini pensa che il genere possa influenzare le opportunità future dei propri figli o figlie. Tra le donne, questa convinzione sale all’80%.

Quasi un uomo su tre (29,5%) ritiene che l’uguaglianza di genere sia già un traguardo raggiunto. Solo il 6,5% delle donne condivide questa opinione. Quasi un uomo su quattro (23%) ha cambiato lavoro a causa di molestie, discriminazioni o di un ambiente tossico. Questo dato cresce tra i freelance e chi lavora in piccole realtà. Il 4,9% degli uomini è bersaglio di battute sessiste sul lavoro. Tra le donne, la percentuale è triplicata, raggiungendo il 17,4%. Infine, il 5,3% degli uomini ha subito discriminazioni per il proprio orientamento affettivo-sessuale.

Una frattura generazionale

L’indagine ha rilevato una sorprendente frattura generazionale. La Generazione Z (1997-2012) coinvolta nel sondaggio risulta meno sensibile e meno partecipe a queste tematiche.

Mentre il 77,1% degli uomini si sente coinvolto nel contrasto alla violenza di genere, tra i più giovani (Gen Z) la percentuale crolla al 53,8%. Al contrario, gli over 60 mostrano il livello più alto di coinvolgimento, all’84,5%.

Il 46,2% dei giovani maschi ritiene che alcune soluzioni proposte per favorire l’equità siano discriminatorie nei confronti degli uomini, rispetto al 27% della media maschile. Questa minor sensibilità tra i giovani è in parte attribuibile a ecosistemi digitali, come la Manosphere, che alimentano identità maschili difensive e comunità di risentimento. Al contrario, la Generazione X e i Millenials mostrano maggiore consapevolezza: il 70% di questi uomini non crede che la parità sia stata raggiunta e il 72% ritiene che la violenza di genere li riguardi direttamente.

Il parere degli esperti

“Spesso quando si parla di genere ci si concentra esclusivamente sul femminile, dimenticando che esiste anche un genere maschile – ha spiegato Mara Ghidorzi, Gender Expert di Fondazione Libellula -. Eppure, non può esserci reale cambiamento senza uno sguardo condiviso. Abbiamo voluto ascoltare il punto di vista degli uomini per avviare una nuova conversazione sulla parità: è evidente che su alcuni temi c’è ancora poca consapevolezza, ma siamo in una fase di cambiamento. Un cambiamento che, come ci racconta questa Survey, va sempre guidato. Va agita una responsabilità individuale e collettiva, come persone adulte nei confronti delle nuove generazioni e come donne e uomini, nelle relazioni che sviluppiamo nei contesti lavorativi e personali. Quel 90% è un dato importante: la parità non è qualcosa di parte, ma abbraccia tutti e tutte”, ha concludo Mara Ghidorzi.

“I dati della ricerca di Fondazione Libellula tracciano un quadro a tinte ambivalenti”, ha sostenuto Luca Milani, Full Professor dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. “Se da una parte oltre il 90% dei rispondenti afferma – finalmente – che la parità di genere è una conquista civile che porterebbe beneficio a tutta la società, dall’altra troviamo una sorprendente frattura generazionale tra i lavoratori più “senior” – per i quali la violenza contro le donne rappresenta una ferita anche per gli uomini – e i più “junior”, per i quali invece il problema è meno sentito e soprattutto percepito di interesse eminentemente femminile. Considerato quanto negli ultimi anni sia maturata – soprattutto nei tanti gruppi informali di uomini che si trovano a confrontarsi tra loro e con la società civile, coordinati dalla Associazione Maschile Plurale – una sensibilità sulla possibilità di costruire un nuovo modello di maschilità che si allontani da quella tossica ancora preminente in molti ambiti, è opportuno che si possa costruire un nuovo “patto generazionale”, in cui chi per sensibilità e storia personale ha avuto modo di interrogarsi sul proprio essere uomo, tenti di “provocare” le nuove generazioni utilizzando modi di comunicazione nuovi e partecipativi”, ha concluso Milani.

Popolazione

content.lab@adnkronos.com (Redazione)

© Riproduzione riservata

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