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Il parlamento lettone vota contro il trattato globale a tutela delle donne

Il Parlamento della Lettonia ha approvato, a seguito di un acceso dibattito durato circa 13 ore, la mozione per ritirare il Paese dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, conosciuta universalmente come Convenzione di Istanbul.

Il voto di giovedì ha visto 56 legislatori schierarsi a favore dell’uscita, a fronte di 32 voti contrari e due astensioni.

Cos’è la Convenzione di Istanbul?

Adottata l’11 maggio 2011 e in vigore dal 1° agosto 2014, la Convenzione di Istanbul è il primo trattato europeo specificamente dedicato ad affrontare la violenza di genere e domestica. Essa stabilisce standard minimi vincolanti che coprono la prevenzione della violenza, la protezione delle vittime, l’azione penale contro gli aggressori e lo sviluppo di politiche integrate.

La Convenzione è stata ratificata da 39 Stati membri del Consiglio d’Europa e dall’Unione europea stessa, che l’ha approvata nel 2023. La Lettonia aveva ratificato il trattato nel novembre 2023, facendolo entrare in vigore nel maggio 2024.

Spaccature politiche e motivazioni dei contrari

Il voto parlamentare è avvenuto nonostante la ferma opposizione della prima ministra Evika Silina e del Presidente in carica Edgars Rinkēvičs. Il ritiro è stato spinto dall’unione di alcune forze di opposizione e da un partner della coalizione di governo tripartita, l’Unione dei Verdi e dei Contadini. Questo allontanamento ha evidenziato significative crepe interne alla maggioranza.

I detrattori lettoni del trattato sostengono che le attuali leggi nazionali siano già adeguate per combattere la violenza di genere. Essi criticano in particolare la Convenzione per l’introduzione di una definizione di genere intesa come costrutto sociale, che, a loro avviso, va oltre il concetto di sesso biologico. I gruppi ultraconservatori accusano inoltre il trattato di promuovere l’“ideologia di genere”.

“Questo non influenzerà in alcun modo la violenza domestica. Le tutele contro la violenza domestica erano presenti nella legge lettone anche prima della Convenzione di Istanbul”, ha dichiarato a Reuters Gunars Gutris, membro dell’Unione dei Verdi e degli Agricoltori.

La prima ministra Silina aveva precedentemente espresso critiche nei confronti di questa iniziativa, definendo “crudele” strumentalizzare le esperienze delle vittime per fini di battaglia politica.

Reazioni e allarmi internazionali

La decisione del Parlamento ha generato immediate condanne da parte delle organizzazioni per i diritti umani. Monica Costa Riba, senior campaigner per i diritti delle Donne di Amnesty International, ha definito il voto “sconvolgente e pericoloso”, avvertendo che il recesso rappresenterebbe un “colpo devastante” per la tutela delle donne e delle ragazze nel Paese.

Amnesty International ha sottolineato che tale azione rischia di inviare agli aggressori un messaggio “sconsiderato e pericoloso” di impunità e che la decisione è stata alimentata da “potenti gruppi anti-diritti” che diffondono “dannosa disinformazione” per demonizzare l’uguaglianza di genere e i diritti delle persone Lgbtqi+.

“Questo sarà un colpo devastante per la reputazione della Lettonia nell’Unione europea e a livello internazionale”, ha dichiarato alla Reuters Andris Suvajevs, presidente del gruppo parlamentare dei Progressisti, il partito liberale della coalizione di governo.

Precedente storico e prossimi passi

Se il disegno di legge dovesse essere convertito in legge, la Lettonia diverrebbe il secondo Paese a ritirarsi dalla Convenzione, dopo la Turchia nel 2021. Il caso lettone, tuttavia, stabilirebbe un precedente significativo, in quanto sarebbe il primo Stato membro dell’Unione europea a uscire da un importante trattato sui diritti umani del Consiglio d’Europa.

Il destino della legge ora spetta al presidente Rinkēvičs, che può decidere se porre il veto o firmare il ritiro.

Mercoledì, circa cinquemila persone si sono riunite nel centro della capitale Riga per protestare contro il ritiro dal trattato, mentre un gruppo più piccolo di circa 20 manifestanti ha espresso sostegno all’uscita il giorno successivo.

Mondo

content.lab@adnkronos.com (Redazione)

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