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Anche l’uomo ha un orologio biologico: ecco perché

L’incubo dell’età che avanza, quando parliamo di genitorialità, non riguarda più solo le donne. Per anni, l’attenzione sui rischi riproduttivi si è concentrata quasi esclusivamente sull’età della madre, spesso associata ad anomalie cromosomiche su larga scala negli ovuli. Ma la scienza sta ora fornendo prove crescenti e schiaccianti: anche l’uomo ha il suo orologio biologico.

A rivelarlo è una nuova ricerca secondo la quale i padri, più sono anziani, più si registreranno maggiori probabilità che trasmettano mutazioni che causano malattie ai loro figli. Si stima che, in media, dal 3 al 5% degli spermatozoi degli uomini di mezza età e over 50 anni possegga una mutazione del Dna in grado di causare almeno una patologia al nascituro.

La chiave è nel Dna

Questa scoperta cruciale è frutto del lavoro di un team di scienziati, tra cui Raheleh Rahbari e Matthew Neville, entrambi ricercatori del Wellcome Sanger Institute nel Regno Unito. Per quantificare con precisione questo rischio, gli scienziati hanno sequenziato il Dna di oltre 100 mila spermatozoi prelevati da 81 uomini di età compresa tra i 24 e i 75 anni. Per farlo hanno impiegato una tecnica avanzata e innovativa chiamata duplex sequencing (NanoSeq). I normali metodi di sequenziamento hanno un tasso di errore troppo alto per contare in modo affidabile le mutazioni in una singola molecola di Dna. Il NanoSeq, invece, è estremamente preciso perché verifica la mutazione su entrambi i filamenti del Dna, garantendo che l’errore sia quasi impossibile.

Questo metodo ha permesso loro di individuare un ampio range di mutazioni in più di 40 geni che contribuiscono a questo fenomeno di “sperma egoista”. L’articolo contenente questi risultati è stato pubblicato sulla rivista Nature.

Il meccanismo delle cellule “egoiste”

La mutazione del Dna non è solo un evento casuale che si accumula lentamente nel tempo, come si pensava in precedenza. Circa l’80% delle nuove mutazioni in un individuo proviene dai testicoli del padre. La causa principale dell’aumento esponenziale delle mutazioni è un fenomeno noto come “selezione positiva” all’interno delle cellule riproduttive maschili. Si basa sulla dinamica delle cellule staminali che producono lo sperma nei testicoli. Già nel 2003, la dottoressa Anne Goriely dell’Università di Oxford aveva intuito che alcune condizioni genetiche (come il nanismo) erano troppo comuni per essere spiegate da semplici mutazioni casuali. La dottoressa aveva ipotizzato che alcune di tali mutazioni potessero rendere le cellule staminali da cui nascono gli spermatozoi “egoiste”.

Ecco come funziona: queste mutazioni conferiscono un vantaggio selettivo alle cellule staminali. Di conseguenza, le cellule mutanti iniziano a proliferare e moltiplicarsi molto più velocemente rispetto alle cellule sane. È come se queste cellule “egoiste” prendessero il sopravvento sulla catena di montaggio della produzione di sperma. Di conseguenza, la percentuale di spermatozoi che portano queste mutazioni dannose aumenta non in modo costante, ma esponenzialmente man mano che l’uomo invecchia. Alias: ogni anno in più da adulti sarà più dannoso per il nascituro.

Le conseguenze delle mutazioni

Sebbene queste mutazioni “egoiste” costituiscano solo una piccola parte di tutte le mutazioni in generale, hanno un effetto sproporzionato. Questo perché, a differenza della maggior parte delle mutazioni casuali che colpiscono il “Dna spazzatura”, cioè senza conseguenze, le mutazioni egoiste colpiscono geni chiave.

Nella maggior parte dei casi, queste mutazioni sono collegate a gravi disturbi del neurosviluppo, compreso l’autismo. Inoltre, alcune delle mutazioni riscontrate aumentano il rischio di sviluppare tumori nei bambini. I ricercatori hanno riscontrato un chiaro legame tra i geni coinvolti in questa selezione di cellule riproduttive e quelli che causano disturbi dello sviluppo.

È interessante notare che, nonostante l’accumulo di mutazioni sia stato riscontrato, non è stata trovata alcuna associazione significativa tra l’aumento delle mutazioni nello sperma e i fattori ambientali come il fumo, il consumo eccessivo di alcol o l’obesità. Questo suggerisce che il corpo maschile ha dei meccanismi per proteggere i testicoli da questi fattori ambientali in caso di mutazioni del Dna.

Implicazioni per le famiglie

Alla luce di questi risultati, il co-autore della ricerca, il dottor Matthew Neville, ha affermato che i futuri genitori “potrebbero voler considerare queste scoperte nelle loro decisioni” di paternità o maternità. Le opzioni pratiche per ovviare a questo problema includono:
• Il congelamento dello sperma: gli uomini più giovani che prevedono di poter avere figli in età avanzata potrebbero prendere in considerazione la crioconservazione del proprio sperma.
Tecniche di screening: i papà più anziani che pianificano di mettere su famiglia potrebbero valutare le varie tecniche di screening prenatale disponibili.

È ormai evidente che, sebbene le donne siano state a lungo al centro dell’attenzione per i rischi riproduttivi dovuti all’età, lo studio conferma che entrambi i genitori contribuiscono in modo significativo alla salute dei loro figli. In un’epoca in cui la tendenza a ritardare la nascita del primo figlio è in aumento a livello globale, questi dati offrono un supporto utile a comprendere come affrontare una paternità “over 50”.

Fertilità

content.lab@adnkronos.com (Redazione)

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